Fante Paolo DUINA

di Giovanni e Maria Tomasini

277° Rgt. - II Btg. - 6 ª Compagna Fucilieri - Conducente

(già recluta del 17° Rgt. – 33ª Div. Acqui)

nato a Collebeato - Brescia 14.2.1914

Disperso il 30.11.1942 in località non nota


Mio padre Paolo Duina era nato a Collebeato, piccolo paese alle porte di Brescia, il 14 febbraio 1914. Figlio di contadini, con un cognome che secondo alcuni deriverebbe dal longobardo Audoin o
dal medioevale Arduino mentre per altri dal nome del fiume russo Dvina. Ultimo di sei fratelli, particolarmente coccolato essendo nato quando gli altri erano già grandi e il papà Giovanni cinquantenne, un’età molto avanti per quegli anni per un neo papà. Raccontavano gli zii che, il
padre, ormai calvo, si vergognasse un po’ di questa nuova paternità.
Gli episodi della vita di mio padre bambino, ragazzo e poi giovane adulto, che i fratelli amavano ricordare, descrivono la vita di una persona tranquilla, molto socievole, buon amico per i suoi coetanei, dal carattere sensibile e mite. Le zie descrivevano con un episodio il carattere di mio
padre, il quale, vedendo un caro amico cadere dal fienile, svenne dallo spavento, mentre l’altro non si fece assolutamente niente.
Animo sensibile che si riscontra costantemente anche nelle lettere dal fronte russo quando, più di una volta, si scusa con i fratelli per aver preso moglie mentre era sotto le armi, lasciando in tal modo a carico della famiglia la giovane moglie come pure il figlio che avrebbe dovuto nascere di lì a poco. Rendendosi conto che i fratelli dovranno, per questo, far fronte a nuove spese, promette che, oltre ad essere riconoscente per tutta la vita, quando ritornerà dalla guerra con il suo lavoro cercherà di ricompensarli.
Quando fu inviato sul fronte russo la vita militare per lui durava ormai da quasi due anni, dalla sua corrispondenza, unica fonte di questo scritto, lo vede dal febbraio all’aprile 1941 a Silandro (BZ) nella I Compagnia Istruzione del 17° Rgt. Fanteria. Di questo periodo della vita militare di mio padre conservo quattro cartoline, il libretto “Inni, marce, canti - 17° Rgt. Fanteria Divisione Acqui” e alcune belle fotografie in cui viene ritratto da solo o con i suoi commilitoni.
Dove sia stato fra l’aprile 1941 e il febbraio 1942 non mi è dato sapere, dalla corrispondenza ricompare il 14.2.1942 con una cartolina che gli scrive la sorelle Giuseppina con gli auguri per il prossimo compleanno. Dall’indirizzo risulta essere a Mantova nell’80° Rgt. Fanteria, I Compagnia
Reclute. E’ da ritenere che la sua permanenza nell’80° Fanteria sia stata piuttosto lunga tanto da coltivare duraturi legami affettivi con i suoi commilitoni se, in una lettera dal fronte russo del 19 novembre 1942, scrive

“… ò sentito dire che ce rientrato in Patria quelli del 80 fatemi sapere qualche cosa dei miei vecchi amici..”

Il 30 giugno 1942 scrive alla moglie ancora da Mantova. Infatti nel frattempo , esattamente il 25 aprile 1942 si era sposato con la fidanzata Maria Vistali, usufruendo in tal modo del mese di licenza che veniva concesso ai militari in occasione delle nozze.
Non sappiamo la data esatta in cui è entrato a far parte del 277° Rgt. Fanteria, ma all’inizio di ottobre, forse il 7 o 8, già sulla trasferta per la Russia, scrive alla famiglia una cartolina dal Brennero da cui risulta che gli è stato assegnato il n. 156 di Posta Militare, 6a compagnia, II
Battaglione .
Mi è stato raccontato che prima della partenza per il fronte mia madre andava a salutare il marito a Brescia sotto le finestre della caserma Randaccio in via Lupi di Toscana angolo via Brigata Motorizzata Brescia e poi in bicicletta a Castiglione delle Stiviere in quel di Mantova da dove
sembra sia partita la sua tradotta militare.
Il giorno 8 ottobre 1942 scrive da … (la località è stata cassata dalla censura militare), il 10 una cartolina Feldposharte e dice di trovarsi nella “… es Cecoslovacchia …”. Altra cartolina, stavolta delle Forze Armate italiane, scrive il 10 e lo stesso giorno in una nuova dice di essere in territorio “… es Polonia …”.

Nella successiva, senza data ma con timbro del 12.10.1942, scrive di essere arrivato al confine della Polonia e sta per entrare in territorio russo, scrive inoltre che fino ad ora non hanno ancora fatto vere soste, ma solo brevi fermate e sempre di notte.
In una lettera del 14.10.1942 dice di essere arrivato in terra di Russia, ha viaggiato sul carro con i muli, in tal modo ha potuto sdraiarsi sulla paglia. Sul carro vicino c’è il compaesano Archetti, si vedono sempre per il rancio di mezzogiorno che è composto da riso, gallette e scatolette, quanto portato da casa sta finendo, sarebbe stato bene prendere anche del pane. Nelle stazioni la gente cerca pane, sigarette e sapone, per un pezzo di sapone ti danno un cesto di mele o uova, ci tiene a
precisare che

“… qui la gente è come noi, anche di carattere, non è come si pensa lì …”

Dalla lettera del 1942.10.16 risulta essere ancora in viaggio ed in quella del 18 di essere ancora in treno ma pensa che sarà l’ultimo giorno, poi bisognerà andare a piedi. Ricorda di aver scritto tutti i giorni una cartolina, vorrebbe notizie da casa e si preoccupa perché non sa quando potrà ricevere posta.
Nella cartolina postale del 19 ottobre scrive che sono smontati dal treno e che rimarranno fermi per due giorni, con lui ci sono i compaesani Archetti e Gianni Bresciani, ma che il giorno dopo verranno divisi per compagnia e quindi separati, che saranno destinati a presidiare le posizioni tenute prima dai tedeschi. Scrive anche “… la fame mi cresce tutti i giorni …”!
Del 29.10.1942 conservo una lettera scritta da Troischoi (Ucraina) in cui scrive che si tratta di un grosso paese a 300 km. dal fronte, sono di presidio e stanno di guardia dietro la linea del treno. Lui è con il suo mulo, in tal modo non è costretto a fare la sentinella e dorme nelle scuderie. Comincia a preoccuparsi perché si rende conto che la sua assenza da casa sarà lunga e “… potrebbe succedere qualche brutta cosa …”, raccomanda alla sorella e al fratello di essere pazienti con la moglie e con il figlio che deve arrivare. Dice di prendere 11 (?) lire al giorno che non spenderà per poterli mandare alla famiglia. La busta contiene un biglietto stampato, con il timbro del cappellano militare
don Francesco Fanti.
Nella lettera del giorno 8 novembre scrive che è cominciato a nevicare e fa un gran freddo, lui si dice fortunato perché essendo conducente sta con il suo mulo nelle scuderie però ha sempre le scarpe bagnate e quindi soffre di più il freddo. Dice di non preoccuparsi se la posta arriverà in ritardo in quanto si trova lontano dal comando e viene spedita quando si può.
La lettera successiva porta la data del 19 novembre 1942, dice di essere staccato dalla sua compagnia ma ancora per pochi giorni poi ritornerà a riprendere il suo “… apparecchio …” (?), aggiunge una freddura scrivendo “… sabato volevo venire in licenza ma non ho trovato la
bicicletta …”. Ha sentito che sono rientrati in patria gli amici dell’80° fanteria e vorrebbe notizie, chiede ai fratelli di contattare gli ex commilitoni Zola della Stocchetta e Nardussi. Ha il pensiero sempre rivolto ai propri cari, non passa notte senza che sogni la propria famiglia e i cari defunti, crede che anche loro preghino per lui.
Nella lettera del 28 novembre dice di aver avuto posta da casa e letto che la famiglia non riceve la sua corrispondenza, scrive che anche a lui capita di rimanere alcuni giorni senza ricevere niente, poi arrivano tre o quattro lettere assieme. Ricorda che, come ha scritto nell’ultima lettera, stanno per cambiare posto, ha sentito dire che andranno a 70 km. da dove si trova ora ma saranno sempre dipresidio. Spera di incontrarsi con il compaesano Archetti e chiede ai fratelli di informarsi su quanto
lui scrive. Il freddo si fa sempre più forte, è arrivato a - 23° e da molto fastidio anche per il forte vento che è come al paese il mese di marzo. Si lamenta con la sorella che da un po’ non scrive mentre lui vorrebbe notizie da casa, del raccolto e dei soldi. Dice che per ora non ha ancora preso la deca, ma appena la riceverà la manderà subito a casa. Per il rancio non ci si può lamentare, ma certo non è come i primi giorni. Chiede di spedirgli un pacchetto “…intanto che si può averlo…” con
carta da lettera, una pelle di coniglio, un passa montagna, un boccettino di inchiostro, un pennino n. 3 e qualche scatola di fiammiferi perché ha preso il vizio di fumare.
Della lettera scritta il 1 dicembre 1942 conservo anche la busta con timbro “277° Reg. Fanteria – 6° Compagna Fucilieri” ricorda di aver scritto che stava per cambiare posto, ma, per ora, si trova ancora dove era prima e non si sa più nulla al riguardo. Chiede che gli venga spedito quanto aveva chiesto ed anche lamette e sapone da barba, i suoi compagna hanno già ricevuto tutto da quindici giorni. Scrive che alla famiglia verrà consegnato dal comune un vaglia con la deca di novembre
mentre quella di ottobre è stata data a lui che la spedirà appena potrà, tanto dove si trova non può neanche spenderla. Augura buone feste e chiede notizie del paese e dei “… camerati salvati …” sperando che il paese sia sempre “… beato …” Manda tanti saluti alla moglie “… cara Maria presto ti dirò baci al nostro bambino che da tempo sogno, speriamo che Dio me lo mandi sano …”
Il 9 sono in marcia da 3 giorni, sempre sotto la neve, non sa dove sono diretti e spera di “… andare a stare un po’ bene …”
Della lettera del 17 dicembre ho solo la busta con timbro 277° Rgt. Fanteria, …, 6° compagnia Fucilieri
Il 26 scrive una lettera da SSaprina, dice che si tratta di un piccolo paese a 15 km dal fronte mentre la sua compagnia è in prima linea, lui c’è stato per due giorni poi lo hanno trasferito qui dove c’è il “… comando tappa …”. Con i muli porta i rifornimenti verso il fronte, poi altri li portano in prima linea, ci sono anche gli apparecchi che tentano di mitragliarli. Chiede al fratello di fare da padrino al figlio che sta per nascere e assicura che rifonderà le spese che i fratelli affronteranno.
Il 30 scrive di essere sul Don con la Tridentina, non fisso in un posto ma, in quanto addetto alle salmerie, deve andare dove occorrono trasporti, comunque è sempre “… un po’ lontano dal fronte ” Per dormire entrano in case “… borghesi …” tanto se sono vuote quanto se ci sono gli abitanti, poi di giorno camminando “… si resiste …” (al freddo!). In questi giorni gli è stato consegnato il pastrano con il pelo e i calzettoni di lana. Si soffre molto freddo ai piedi e tanti dei soldati in prima linea sono stati ricoverati in ospedale per congelamento. Essendo staccato dalla compagnia non riceve la posta, il giorno prima ha però incontrato Bertoglio di Urago Mella che è stato congedato in quanto sono tre fratelli in guerra, non ha potuto consegnargli neanche un biglietto perché lo ha incontrato per caso per strada. E’ preoccupato per la sposa che dovrà partorire a giorni, le augura che tutto vada bene, scrive che per lui non fa differenza tanto se sarà un maschio quanto una
femmina, l’importante che sia sano, aspetta notizie in merito.
Nella lettera del 9 gennaio 1943 dice di essere a 30 km dal fronte. Ha ricevuto la lettera del fratello, lo ringrazia per il buon trattamento che i fratelli riservano alla moglie, scrive che si è sposato anche se era “… sotto le armi …” perché “… conoscevo il vostro amore …” e se avrà “… la fortuna di tornare …” farà di tutto per contraccambiare quello che faranno per la moglie e per il figlio che deve “… venire al mondo …” al quale è sicuro che vorranno bene.
Qui termina la corrispondenza che ho di mio padre, mi è stato detto che c’erano altre lettere successive che sono andate smarrite come pure le lettere a mia madre distrutte in un momento di sconforto. Di lui mi restano alcune fotografie e il certificato di irreperibile.


Il figlio Giovanni Duina, nato a Collebeato (BS) il 15 gennaio 1943.

 


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