di Mario e Lucioa Marini
227° Reggimento – I Battaglione - Compagnia Comando - incarico telefonista
nato a CESSALTO – Treviso 10.10.1920
Deceduto il 31.3.43 in Prigionia, campo 56 – Uciostoj (Uciostoje - Хоботово)
nota:
Uciostoje campo 56 Regione di Tambov (sud-est di Mosca). II lager si trovava una trentina di Km. a nord di Miciurinsk. La stazione di riferimento era Khobotovo, Lager di primo smistamento che rimase aperto solo tre mesi, durante i quali morirono 4.344 italiani, tutti appartenenti al Corpo d'Armata Alpino.
… e tutto nasce per un acquisto fatto su un’asta on line di una cartolina il cui interesse era per l’immagine del Duomo di San Donà di Piave (VE) !
“ Mannaggio u freddu ca fa “
(cit. Alessandro Marini, – Divisione Vicenza, 277° Reggimento di Fanteria, I Battaglione, Compagnia Comando - telefonista )
Ci sono cartoline sulle cui immagini ci soffermiamo incuriosendoci sui soggetti, i dettagli, i ricordi. Spesso questi ultimi nemmeno ci appartengono essendo legati ad un altro tempo, ad un’altra generazione. Eppure lì ci soffermiamo pensando se e dove abbiamo visto questa stessa immagine. In questo caso l’interno del Duomo è una di quelle immagini che sono state riproposte più volte nelle cartoline dedicate a San Donà di Piave. La stessa immagine la possiamo trovare sia negli anni trenta-quaranta che successivamente, magari in edizioni sgranate per le prime e patinate per le seconde. La storia che ci viene da questa cartolina è però un’altra e la scelta di quell’interno chiesa non era che una preghiera, una speranza.
La Storia nascosta nel retro
Come talvolta accade è il retro della cartolina che ti spinge ad approfondire, a vedere chi la scrive e chi ne era il destinatario regalandoti un vissuto vero. Siamo negli anni Quaranta, quelli terribili della seconda guerra mondiale, quelli conclusivi del ventennio fascista. L’Italia ormai in guerra vedeva le proprie migliori generazioni partire per i vari fronti, poco prima che l’Italia divenisse essa stessa oggetto del contendere. Quei giovani che avevano attraversato il periodo della grande guerra e che magari avevano vissuto le privazioni e la fame di quel crudo primo dopoguerra, erano lì zaino in spalla a ripercorrere lo stesso destino attraversato dai loro padri.
A scrivere la cartolina è una madre il cui figlio era stato arruolato in un reggimento di fanteria. Lucia Marini, questo il suo nome, la inviava al figlio Alessandro spedendola ad uno di quegli indirizzi speciali che poi l’avrebbero smistata ai vari reggimenti. E’ questo un dettaglio importante perché ci racconta chiaramente lo scenario lungo il quale questa cartolina ha iniziato il suo viaggio.
La posta militare
Timbro « 156 »
Pur non essendo indicata la destinazione, quel numero accanto alla Posta Militare segnala la divisione a cui è stata inviata la cartolina. Erano molti all’epoca gli indirizzi di questo tipo e nel caso della spedizione in Russia erano addirittura 28. Dei semplici uffici postali dedicati operanti inizialmente presso il comando di Divisione e che poi iniziarono a spostarsi al seguito delle truppe. Una presenza importante quella di questi uffici postali itineranti che dava modo alla truppa di mantenere un contatto con le famiglie in Patria in epoche dove la lettera e lo scritto erano l’unico modo per comunicare. La posta militare 156 in particolare era stata assegnata alla « Divisione Vicenza ».
Una speranzosa attesa affidata ad una cartolina
Tornando alla cartolina in questione, questa era solo parte di una fitta corrispondenza tra madre e figlio, tipica di quei tempi di guerra. Talune volte a scrivere e a leggere questi scritti era un sacerdote perchè non sempre le generazioni nate a cavallo del secolo avevano potuto usufruire di un’adeguata istruzione. La scarsa puntualità della consegna portava a ricevere più lettere assieme con delle risposte che si accavallavano. Marini Alessandro che la madre nello scritto chiama Dino apparteneva al I Battaglione del 277° Reggimento Fanteria, inquadrato nella Compagnia Comando con incarico telefonista.
Cartolina scritta da Lucia Marini il 27 dicembre 1942
Caro Dino,
ieri ho ricevuto due cartoline in data 5 e 7 corr. e lettera in data 11 corr. dove mi dici che sei in viaggio. Coraggio, caro Dino, speriamo sempre nel Signore. Noi stiamo bene augurando a te. Spero che almeno il secondo telegramma ti sia giunto, ad ogni modo ti mando tanti auguri e ti raccomando di continuare a scrivermi sempre. Ti scriverò presto lettera, intanto ti mando tanti baci.
Tua mamma
Saluti auguri per il nuovo anno. (scritta alla rovescia)
Il triste epilogo
Spedita subito dopo il Natale del 1942 questa cartolina si incamminò verso la Russia ma non è dato sapere fin dove arrivò, di certo non tra le mani del figlio. Come detto la posta militare 156 cessò di esistere il 17 gennaio 1943 quando il fronte cedette. Quale sia stato il destino di Alessandro ce lo indica l’albo dei caduti della seconda guerra mondiale dove il suo nome è incluso e che particolarmente nel caso della Russia unisce accanto ai Caduti anche i Dispersi. Il soldato Alessandro Marini viene segnalato in questo elenco dal 31 marzo 1943, con il generico Russia come luogo di morte o dispersione. Era nato il 10 ottobre 1920 a Cessalto, poco più che maggiorenne morì sul Fronte Russo.
L’incredibile opera del fato
Il ricordo è un qualcosa di vivo che talvolta è capace di sorprendere quando meno te lo aspetti. E allora può capitare che un documento recuperato tanti anni fa si possa infilare nel mezzo di un altro ricordo che stai sfogliando pretendendo giustamente di esserne parte. Quasi nello stesso momento in cui sua madre scriveva la cartolina, Alessandro Marini scriveva una « cartolina postale per le forze armate » inviando i migliori auguri di buone feste ai funzionari dei Consorzi di Bonifica di San Donà di Piave presso cui evidentemente lavorava aggiungendo uno speciale saluto a Berto Maschietto presumibilmente suo collega. Anche in questo caso l’uso dei nomi è importante Alessandro è il suo nome ufficiale, che lui riduceva a Sandro ma tutti compresa sua madre lo chiamavano Dino. E così si firma per l’amico-collega scrivendogli: “Mannaggio u freddu ca fa”. Dalla stessa si evince che faceva parte della Compagnia Comando del 277° Reggimento Fanteria, I Battaglione, ovvero lo stesso reparto che nell’offensiva russa di metà gennaio schierato in supporto alle truppe alpine nel coprire il fronte, venne praticamente decimato. Queste le parole scritte nelle sue memorie dal Col. Giulio Cesare Salvi, comandante del 277° Reggimento: « La situazione peggiora. Il 15 gennaio 1943 il I/277° dislocato alla difesa di Rossoch, viene travolto dai carri armati russi e pochissimi Ufficiali e soldati riescono a sfuggire…. »
La cartolina postale scritta da Alessandro Marini il 26 dicembre 1942, timbro postale posta militare 156 del 1 gennaio 1943
Il ritorno al mittente
Il destinatario della cartolina e il timbro del mancato recapito
Quella cartolina spedita da Lucia Marini da San Donà di Piave il 27 dicembre 1942 con il timbro « Al mittente, non potuto recapitare per eventi bellici » tornò il 26 agosto 1943. L’immagine rovinata dell’interno del duomo dall’inchiostro di un timbro altro non era che la sovrapposizione successiva di più cartoline che non era stato possibile recapitare. Centinaia, migliaia di missive che tornavano in Patria con tutti i loro irrisolti desideri e le perdute speranze, solo pochi vedranno poi tornare i loro cari. Un triste epilogo che trovò una San Donà su cui gli echi della guerra si materializzarono con il rombo degli aerei in cielo e i successivi bombardamenti. Come molte città venete anche San Donà di Piave ne pagò un prezzo. Ma questa per il momento è un’altra storia.
Stefano Pasqualato, blog "San Donà ieri e oggi"
Il I Battaglione del 277° Reggimento era comandato dal Tenente Colonnello Antonio Natale (Catturato il 16.1.1943 a Rossosch - Россошь, deceduto il 24.3.43 in prigionia, campo 74 di Oranki - Оранки - MAVM alla memoria) e fino al 19 dicembre 1942 dopo essere stato inquadrato assieme alla Divisione Vicenza nel Corpo di Armata Alpino si trovava a Morosowka – Морозовка assieme a tutte le sue Compagnie.
Lo sfondamento del fronte a Sud del Kalitwa, ovvero alla destra dello schieramento del Corpo d’Armata Alpino, impone fin dal 19 dicembre ’42 una complessa manovra tattico-logistica per proteggere la destra del suo schieramento ormai scoperto, disimpegnando la Divisione Julia dalle sue posizioni. Per questo motivo tutta la Divisione Vicenza venne ridistribuita nelle zone già della Divisione Alpina. In questo frangente l’intero I Battaglione del 277° Reggimento rinforzato dalla Compagnia Cannoni Reggimentale da 47/32, deve sostituire il Battaglione Sciatori Monte Cervino nella difesa Sud-Est di Rossosch venendo di fatto assegnato al Comando Piazza di Rossosh (C.te Col. S.p.e. Roberto Margiotta) e destinato alla difesa della località sulla pista in direzione di Ukrainez dalle provenienze da Kantemirowka, in particolare con l’impegno per la difesa del campo di aviazione.
All’alba del 15 gennaio 1943 si verificò il primo attacco dei reparti di fanteria sovietici supportati da mezzi corazzati su Rossosch, che prese di sorpresa le truppe italiane di stanza nella località addentrandosi nelle vie principali della cittadina. Nel corso di questo attacco, la Compagnia Cannoni 47/32 del 277° Reggimento ed il I Battaglione vennero quasi interamente distrutti ma in ogni caso le unità russe vennero respinte con numerose perdite.
Il giorno successivo, il 16 gennaio, i russi ritornarono in forze a Rossosch per occupare definitivamente la città.
Il 17 gennaio, come per le altre divisioni, anche alla Vicenza venne dato l’ordine di ripiegamento, che prevedeva di aggregare in un’unica colonna i reparti schierati sulla linea del Don, ad esclusione del I Battaglione del 277°, distrutto a Rossosch e del III Battaglione rimasto alle dipendenze della divisione Cuneense.
Le poche ma significative testimonianze legate I Battaglione riportano l’accerchiamento dell’unità e la completa dissoluzione organica già il 16 gennaio dopo il secondo attacco dei russi. Anche lo stesso Tenente Colonnello Antonio Natale viene fatto prigioniero in tale data a Rossosh e con lui gli ufficiali della Compagnia Comando tra i quali il Sottotenente medico Salvatore (Salvo) Salvaggio (Catturato il 16.1.1943 a Rossosch - Россошь , rientrato dopo la Prigionia dal Campo 160 di Susdal – Суздаль) ed il Capitano Federico Nalis (Catturato il 16.1.1943 a Rossosch - Россошь, poi dichiarato disperso il 31.1.1943 in località non nota). Tuttavia il Sottotenente Mario Santi riuscì a uscire da Rossosh venendo però successivamente catturato assieme a pochi superstiti del suo Plotone il 23 gennaio in località Scheljakino - Селякино (deceduto il 31.1.1943 in Prigionia – nel Campo 56 – Uciostoje – Хоботово, MAVM alla memoria)
Quale sia stata la sorte del Fante Alessandro (Dino) Marini può venire sicuramente legata agli eventi sopra riportati. Non vi è certezza se non sia riuscito a sottrarsi dall’accerchiamento di Rossosh o sia stato catturato sulla via per Valujki. Di fatto risulta nelle liste dei Campi di Prigionia trasmesse al Governo Italiano dopo la caduta del Muro di Berlino come deceduto il 31.3.43 in Prigionia nel campo 56 – Uciostoj (Uciostoje - Хоботово), nello stesso Campo del Sottotenente Mario Santi, per cui è presumibile che anche Dino possa essere stato catturato assieme a lui il 23 gennaio in località Scheljakino – Селякино.
SAN DONA’ DI PIAVE – VE (Caduti al Fronte Russo)
Il dato che lascia sconcertati è che nella piccola cittadina veneta di San Donà, sulle sponde del Piave, vengono contati ben 40 Caduti nati nella località. Di questi 17 sono nella Divisione Vicenza tra i quali 2 del 1914, 2 del 1921 e 13 della classe 1922. Praticamente quasi tutti si potevano conoscere tra di loro, la località all’epoca era piccola, una sola Parrocchia, una Scuola Elementare. I 13 ragazzi della classe ’22 sicuramente erano stati compagni di scuola e di gioco, avevano fatto assieme la Prima Comunione probabilmente si frequentavano.
Come Alessandro (Dino) 10 di loro erano nel 277° Reggimento, addirittura due di loro sono morti nello stesso campo 56 di Uciostoje, Ferruccio Ongaretto il 28.3.1943 e Gianetto Pavan il 10.11.1944, mentre Dino il 31.3.143. Sono morti assieme come assieme sono cresciuti nella fiorente località veneta che è attraversata dal fiume Piave, Sacro a quella Patria nella quale non sono più ritornati dalle sponde del Don, un altro fiume altrettanto sacro per la memoria.
Per questo è doveroso ricordare assieme i loro nomi che ancora oggi non sono impressi sulla targa di un monumento cittadino ma unicamente nel cuore delle proprie famiglie.
BRAGATO MARIO 18/05/1921 277 RGT. FTR.
BROLLO ANGELO 25/08/1914 156 BTG. MITRAGL.
CONTE ANTONIO 03/05/1922 277 RGT. FTR.
DALLA FRANCESCA ELIO 27/07/1921 278 RGT. FTR.
GIACOMEL GIUSEPPE 04/08/1922 278 RGT. FTR.
MASARIN VITTORIO 09/05/1922 277 RGT. FTR.
MATTIEL ATTILIO 20/04/1922 277 RGT. FTR.
MIOZZO ANGELO 29/11/1922 278 RGT. FTR.
ONGARETTO FERRUCCIO 17/01/1922 277 RGT. FTR.
PAVAN GIAN(n)ETTO 03/02/1922 277 RGT. FTR.
SCOMPARIN GREGORIO 07/02/1922 277 RGT. FTR.
SGNAOLIN RENATO 01/07/1922 156 BTG. MITRAGL.
STEFANELLO ALFREDO 15/03/1922 278 RGT. FTR.
VALLESE ANTONIO 07/12/1922 277 RGT. FTR.
ZAMUNER ARTURO 12/11/1914 156 BTG. MITRAGL.
ZANUTTO PACIFICO 28/03/1922 277 RGT. FTR.
ZECCHIN LUIGI 01/10/1922 277 RGT. FTR.