di Antonio e Maria Teresa Carli
277° Reggimento – III Battaglione - 9ª Compagnia
nato a Comacchio - FE 12.12.1914
Disperso il 23.1.1943 in località non nota
Ho cercato di radunare quanto più materiale su mio zio.
Giovanni Zanni, di Antonio e Maria Teresa Carli. Nato a Comacchio (FE) il 12 dicembre 1914, secondo di otto fratelli. Come riportato dal Foglio Matricolare (che allego) dopo la carica marittima ha vestito quella d'aviere della Regia Aeronautica. Ha frequentato corsi ed è stato promosso aviere scelto con anzianità. Posto in congedo nel febbraio del 1938, il 9 ottobre 1940 è richiamato alle armi ed assegnato al deposito 79° Reggimento Fanteria presso il 30° Battaglione Territoriale Bis.
Il 28 di ottobre del 1940 sposa Vanda Carli.
Il 21 aprile 1942 viene ricoverato per pochi giorni all'Ospedale militare di Verona, per motivi di salute. Dai racconti di mio nonno, suo fratello minore, so che in quei mesi stazionava al comando di Parona di Valpolicella (VR) tanto che lui e l'altro fratello andarono a fargli visita con un permesso e lo trovarono di pattuglia sopra al vecchio ponte della ferrovia proprio assieme ad un atro compaesano.
Da quasi un anno è anche divenuto padre, tuttavia però la possibilità di vedere il figlioletto Mario per lui non si è ancora figurata. In uno di questi giorni di primavera, infatti, decide di compiere un "colpo di testa". Le voci su mobilitazioni verso i territori di guerra in quei giorni circolano repentine e arrivano anche a lui. Si presenta così alla caserma dove stazionava mio nonno Raffaele, a Verona, comunicandogli che è intenzionato a ritornare a casa per una breve visita; ha nostalgia della moglie, ma soprattutto vuole tenere tra le braccia, almeno una volta prima di partire, il figlio. "Scappa" senza permesso da parte del suo reparto. A Comacchio resterà giusto per qualche giorno, ma il comando e la legge militare sono implacabili e non guardano ai sentimentalismi o all'umana fragilità che palpita nel petto d'ogni singolo soldato. Neppure il tempo di arrivare e un richiamo scritto non tarderà ad arrivare neppure a casa. Tornerà in caserma, ma sarà ugualmente troppo tardi. Dev'essere stato questo atto di insubordinazione, questa scelta non consentita, a determinare probabilmente il suo inquadramento tra le schiere della Divisione Vicenza.
Proprio a questo proposito, documentandomi lungo questi anni, un giorno trovai alcune testimonianze che mi colpirono molto e che contribuirono a rafforzare quanto mio nonno andava sempre dicendo nel ricordare quel giorno in cui lo venne a trovare, nonostante lui fece di tutto per dissuaderlo. «Glie l'hanno fatta pagare, povero Giovanni» ribadiva ogni volta che concludeva il racconto di quell'aneddoto. Lessi infatti che la Divisione era stata formata da [uomini racimolati nei reparti], non solo ma comunque per la maggior parte [provenienti da ogni arma e corpo (c'erano persino degli avieri e dei marinai), da giovanissimi e da ultratrentenni, dai lavativi e i raccomandati...] e dagli "insubordinati" come lui. Quel gesto gli è costato senz'altro caro.
La sua sorte su suolo russo, come si evince dal Foglio Matricolare e dal Verbale di Irreperibilità, si compie fra le zone di Sheljakino, Warwarowka, Nicolajewka. All'anagrafe di Comacchio viene indicato disperso nel gennaio del 1943. Tuttavia, l'ultima sua lettera scritta alla moglie (che ho allegato ma di cui non possiedo l'originale, si tratta pertanto di un estratto da un volumetto dei "Caduti comacchiesi nella campagna di Russia") è datata 23 dicembre 1942, ma è anche la data in cui il Ministero della Difesa indica come periodo della scomparsa. Non si sa se Giovanni sia riuscito appena in tempo a scriverla o se il Ministero, conoscendola, la usi come ultima data certa.
Giovanni risulta disperso, ma anche nella sua città natale è doverosamente ricordato con una targa commemorativa assieme agli altri Caduti e dispersi, deportati e vittime civili di guerra di Comacchio presso la chiesetta dedicata a Santa Maria delle anime purganti, più nota come chiesa del Suffragio o di Sant'Antonio e recentemente Sacrario dei Caduti, oltre che all'interno del Parco della Resistenza della stessa cittadina in cui sono ricordati i 115 combattenti comacchiesi caduti nella Seconda guerra mondiale.
Inoltre, sia sulla lapide nel Sacrario dei Caduti a Comacchio, sia sul documento "Verbale scomparsa e dichiarazione morte presunta", viene riportato col grado di Caporale cui, sinceramente, non so né la motivazione né la data a tale passaggio effettivo.
E’ doveroso aggiungere che dei pochi suoi compaesani che erano in Russia con lui, al ritorno in paese, alcuni hanno raccontato di averlo visto accasciarsi a terra per il freddo, altri invece non erano sicuri di poter testimoniare ciò: con la neve e bardati fino agli occhi erano tutti pressoché irriconoscibili. La non certezza della sua sorte è stata sempre fonte di grande dolore per mio nonno Raffaele che, immancabilmente, ogni volta ne ricordava un aneddoto lo raccontava con le lacrime agli occhi e tu che eri lì non potevi non vedere il loro ultimo saluto alla stazione di Verona ancora così vivo, percepire il forte sgomento e le incertezze, le lacrime e i sorrisi mesti, l'abbraccio di Giovanni, Raffaele e Francesco, tre fratelli uniti formare un cerchio d'unione solido ed eterno. O le parole di una breve lettera, che mio nonno ricevette mentre era sul fronte africano, materializzarsi d'incanto sopra al palmo della sua mano che ti mostrava ed andava lentamente a scorrere con l'indice ciò che Giovanni gli aveva scritto:
" Mi trovo in territorio russo, ma non sono fermo qui, vado avanti altre centinaia di chilometri. Aspetta mie notizie ".
Notizie che non arrivarono mai, ma che il suo cuore attendeva sempre con grande ansia, anche se erano passati tantissimi anni, anche se lui, più giovane del fratello di otto anni, aveva avuto la fortuna di diventare anziano. La lettera andò smarrita da mio nonno durante i vari spostamenti e ritirate in Africa, ma anche se non vi è più la prova materiale di quello scritto il suo ricordo è rimasto indelebile. E come mio nonno non voglio neanche io dimenticare la sua figura, di un uomo buono, come mi raccontava, dal bel sorriso sempre gioioso.
Ciao zio.
Francesca Cavallari
ALCUNE NOTE SUL III/ 277°
Giovanni era in forza al III Battaglione del 277° Reggimento di Fanteria, la 9ᵃ Compagnia, quella che già nel novembre 1942 è stata attaccata a Rubersnaja in Ucraina subendo 19 morti e molti feriti.
Il Comandante di Battaglione era il Capitano Gabriele Gherardini.
Nel ripiegamento dal fronte, la colonna era quella della Cuneense nella quale era aggregato il III / 277° a copertura del ripiegamento della Divisione, denominata Colonna "Manfredi" ed al seguito del Battaglione Ceva.
Il III/ 277° sarebbe rimasto distrutto a Popowka -Поповка- nella notte tra il 19 ed il 20 gennaio 1943 per cui si presume che Giovanni sia riuscito con i pochi superstiti del Battaglione a seguire il Capitano Gherardini, che in un passaggio delle sue memorie riporta il momento nel quale gli scampati di Popowka si riuniscono in coda al 1°Alpini:
" .... Fu li che mi raggiunsero a spizzico i resti sparuti del Battaglione. Ne giungevano di quando in quando, a due, a cinque, a dieci, aiutandosi vicendevolmente, facce stravolte. Un caporalmaggiore che si spingeva avanti con cinque uomini fu lui a darmi le prime notizie: - Un macello signor Capitano, Un macello ! Ce li siamo visti alle spalle all'improvviso con quella oscurità maledetta ! .... A noi è andata bene signor Capitano e quando si torna a casa dieci ceri voglio accendere alla Madonna !
(Passo tratto da, MORIRE GIORNO PER GIORNO di Gabriele Gherardini, Mursia, Milano, 1968)
Non si conosce pertanto la sorte esatta di Giovanni a parte il fatto che è stato tra i pochi superstiti di Popowka che si sono poi da li radunati attorno il Comandante di Battaglione.
Gabriele Gherardini venne poi catturato a Valuikj il 26 gennaio assieme ai pochi superstiti del Battaglione che erano con lui.
(Comitato Divisione Vicenza)